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Dott.ssa Laura Benvenuto
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Umberto, tra mente corpo ed emozioni

Umberto [uso un nome di fantasia] arriva al mio studio all’età di 22 anni, mi trova su un portale online al quale sono iscritta. Da subito riconosco la sua profonda sofferenza, è difficile per lui parlare e condividere i suoi stati emotivi, la sua storia familiare. Le prime sedute mi parla di parestesie estese a tutto il corpo: sente un formicolio molto forte e fastidioso lungo gambe e braccia e dalla postura sembra sempre molto rigido. Ha uno sguardo spento e capisco dopo pochi incontri che ha bisogno di un supporto farmacologico data la forte depressione ed il senso di smarrimento che mi rimanda, quindi lo invio ad un collega psichiatra di mia fiducia. Dopo qualche mese capisco che è inserito in un contesto familiare altamente invischiato e conflittuale, i genitori litigano in continuazione coinvolgendo i figli.

Il paziente ha una sorella maggiore che attualmente vive all’estero, a differenza del paziente che è “bloccato” da anni all’università, Giovanna è molto studiosa, ha un ragazzo rimasto nello stesso piccolo paese di Umberto e spesso partecipa ad importanti progetti di ricerca. Il conflitto familiare esplode proprio durante il primo anno di terapia ed il paziente ne è fortemente coinvolto e turbato. Mi tengo in costante contatto con lo psichiatra che monitora insieme a me i piccoli progressi di questo ragazzo così giovane. Mi racconta che vive con Adolfo, un ragazzo che ha le sue stesse problematiche familiari e di studio, emerge che fanno una vita quasi totalmente casalinga, il ritmo sonno- veglia è totalmente alterato, sembra vivano in una dimensione spazio temporale altra e che nulla possa entrare in una dinamica in cui Umberto ed Adolfo si rispecchiano a vicenda, si consolano…gli unici scossoni che ha il paziente sono quelli familiari.

Emerge che il padre quando lui e Giovanna erano piccoli aveva scoppi di rabbia molto violenti, dati spesso dall’uso di alcol. Durante i pasti non si poteva granché parlare perché con poco si sarebbe potuta innescare una miccia esplosiva. Umberto non è mai andato bene a scuola, è sempre stato paragonato alla sorella maggiore. Questo l’ha schiacciato ed ha fatto emergere un falso sé che lo accompagna tuttora. Si colpevolizza, dice ai genitori che fa gli esami anche se non è vero.

Piano piano anche con l’aiuto di un noto fisiatra le parestesie scompaiono.

Durante il secondo anno di terapia Umberto smette la cura farmacologica in accordo con lo psichiatra ed è visibilmente più sereno, è coinvolto dalla madre nella separazione, si occupa di parlare con l’avvocato, è totalmente dentro le dinamiche di coppia dei suoi genitori, la sorella è un avatar in connessione telefonica dall’estero. A metà 2020, muore la nonna materna affetta da una forma grave di leucemia, il paziente vive malissimo questa perdita, ha trascorso l’estate ad andare in ospedale con la madre proprio per assistere la nonna che in poco peggiora. In questa circostanza il padre di Umberto è presente in famiglia, il paziente fa sempre da intermediario tra i due in un incastro che a volte lo lascia schiacciato. Nel frattempo Giovanna torna dall’estero in piena emergenza Covid. Il paziente trascorre lunghi periodi nel paese di origine e collabora con il padre in negozio per evitare di far esporre i nonni anziani. Questo momento così particolare lo avvicina al padre con il quale è comunque difficile comunicare. Il corpo è sempre al centro della nostra psicoterapia. E’ un veicolo di comunicazione quando a livello emotivo è bloccato. Da circa un anno il paziente accusa un perenne fischio alle orecchie che non ha particolare componente organica: è di origine psicosomatica e lo accompagna sia giorno che notte. Il paziente fatica a riprendere l’attività motoria, fa ogni tanto qualche partita di calcio, ha una relazione sentimentale con una ragazza del suo liceo che dura tuttora.

C’è resistenza nel considerare un uso piacevole del proprio corpo, prevale una rigidità di fondo. Attualmente siamo in un momento di impasse, mi dice che non riesce a portarsi quello che ci diciamo per tutta la settimana, sento che lascia della parti qui allo studio e che non riesce ad interiorizzarle.

Ogni manifestazione fisica viene ritenuta degna di preoccupazione, il paziente sviluppa una certa ipocondria, un pensiero paranoico rispetto a quello che i suoi familiari dicono e pensano e correlato alla difficoltà di dire davvero quello che pensa e sente. Durante l’ultima seduta mi sembra stare leggermente meglio, gli rimando che lui gira in tondo per paura di andare indietro…lo colpisce molto questa restituzione, finalmente si ferma nella stanza di terapia con me.

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